200 g di farina 310 ml (circa) di bevanda vegetale a scelta Un paio di cucchiai rasi di zucchero o sciropppo d’agave Un cucchiaino di lievito Un pizzico di sale Cacao amaro in polvere
PROCEDIMENTO
In una ciotola versare la farina setacciata, il lievito, un pizzico di sale e lo zucchero. Mischiare e aggiungere la bevanda vegetale, mescolando accuratamente per evitare la formazione di grumi. Se volete, potete aggiungere il cacao amaro in polvere all’impasto (o ad una parte di esso). Si dovrà ottenere una pastella semidensa (eventualmente, se dovesse risultare troppo densa, regolarsi aggiungendo altra bevanda vegetale). Scaldare una padella antiaderente e versare un po’ di impasto, formando dei cerchi di circa 5 cm di diametro. Lasciare cuocere a fuoco moderato per un paio di minuti; quando compariranno le prime bollicine girare i pancake con l’aiuto di una spatola e cuocerli brevemente anche dall’altro lato, fino a doratura. Una volta che saranno tutti pronti, potete impilare i vostri pancake e servirli con crema di mandorle e fragole a pezzettini (o altra frutta di stagione).
Per capire le principali caratteristiche dell’alimentazione vegetariana, che può avere più “sfacettature”, dobbiamo partire dalla definizione.
Con il termine “vegetariano”, in ambito scientifico si intendono tutte le varianti dell’alimentazione a base vegetale, ossia: dieta latto-ovo-vegetariana dieta latto-vegetariana dieta ovo-vegetariana dieta vegana
Ma quali sono i punti in comune e le differenze tra queste tipologie? In tutte e quattro le varianti il principio fondamentale è che l’alimentazione si basa principalmente su alimenti di origine vegetale, consumati in modo variato. Sono quindi presenti: cereali (meglio se in forma integrale o semintegrale), legumi, verdura, frutta, frutta secca e semi oleaginosi, ed eventualmente alghe. Ciò che invece è escluso in tutte le tipologie sono carne (e tutti i derivati) e pesce (e tutti i derivati).
E’ importante però ragionare cercando di valorizzare al meglio gli alimenti concessi e non focalizzarsi su quelli esclusi…l’alimentazione vegetale potrà sorprendervi!
Nella forma latto ovo vegetariana sono ammessi oltre a tutti gli alimenti di origine vegetale anche latte (e derivati, come per esempio formaggi e yogurt) e uova. Nella forma latto vegetariana sono ammessi oltre a tutti gli alimenti di origine vegetale il latte e i suoi derivati, ma sono escluse le uova, mentre nella forma ovo vegetariana sono esclusi latte e derivati ma possono essere consumate le uova. La dieta vegana o 100% vegetale si basa esclusivamente su alimenti di origine vegetale, ma sono esclusi tutti i cibi di origine animale e loro derivati (carni, pesce, latte e derivati, uova, miele).
Numerosi studi scientifici, che indagano la distribuzione e la frequenza delle malattie, evidenziano come una dieta basata prevalentemente sul consumo di alimenti di origine vegetale sia fondamentale per mantenere lo stato di salute. L’esclusione di cibi a base di carne dalla dieta ha il vantaggio di favorire un maggior consumo di alimenti vegetali. Questi apportano nutrienti protettivi, evitando gli effetti dannosi sull’organismo di alcuni nutrienti contenuti negli alimenti animali (principalmente grassi saturi, colesterolo, proteine animali e ferro eme), che rappresentano fattori di rischio delle principali malattie croniche (malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete, obesità, alcune forme tumorali…).
Un’alimentazione vegetariana, se ben bilanciata, non rappresenta quindi un problema, ma anzi un vantaggio per il nostro organismo… e non solo. C’è solo una piccola attenzione che dobbiamo avere quando seguiamo un’alimentazione vegetariana, cioè assumere un’integrazione di vitamina B12, per non andare incontro a carenza. Questo non vi deve spaventare e non dovete pensare che per questo non sia un’alimentazione “naturale”…Vi svelo un segreto, anche gli onnivori possono esserne carenti. L’integrazione è davvero semplice e i benefici che potrete avere da un’alimentazione a base vegetale sono davvero molti…ma di questo ne parleremo prossimamente.
Una corretta idratazione è essenziale non solo per gli adulti, ma anche per i bambini.
L’acqua è un nutriente essenziale e per questo motivo deve essere presente nell’arco della giornata. Se osserviamo la piramide alimentare la troviamo infatti alla base, proprio perché è uno dei nutrienti che deve essere maggiormente presente.
I fabbisogni di acqua variano in funzione dell’età e sono riportati in tabella:
ETA’
ASSUNZIONE ADEGUATA
1-3 ANNI
1200 ml
4-6 ANNI
1600 ml
7-10 ANNI
1800 ml
11-14 ANNI
MASCHI: 2100 ml
FEMMINE: 1900 ml
Fonte:Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU, 2014; LARN – Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana
In questa quantità è compresa anche l’acqua naturalmente presente negli alimenti (frutta e verdura ne sono molto ricche), ma è importante comunque cercare di soddisfare il livello raccomandato. Per questo motivo potremmo considerare, in media, di far bere nella giornata almeno 8-10 bicchieri di acqua.
Spesso però è difficile “invogliare” il bambino a bere; generalmente quando il bambino richiede acqua è perché avverte lo stimolo della sete e di conseguenza è già in uno stato di “leggera” disidratazione.
Come possiamo aiutare il bambino a soddisfare i bisogni senza “forzature”?
– offrite sempre l’acqua nei pasti principali e negli spuntini: preparate un bicchiere e riempitelo sempre con dell’acqua;
– fate in modo che l’acqua sia sempre a disposizione e che il bambino possa prenderla anche in autonomia (ovviamente in relazione all’età);
– quando siete a casa condividete con il vostro piccolo la scelta di un bicchiere o una tazza insieme a lui, così da incentivarlo nel consumo; per esempio un bicchiere colorato e/o personalizzato, oppure una tazza con il suo personaggio preferito;
– quando siete fuori casa scegliete una borraccia simpatica e divertente da portare con voi e ricordatevi ogni tanto di proporla;
– aromatizzate l’acqua con frutta e/o verdura: questa è un’ottima strategia per quei bambini che hanno più difficoltà a bere. Per esempio potete mettere delle fragole, oppure dei mirtilli, oppure della mela, il tutto a pezzettini piccoli.
– potete aggiungere all’acqua un pochino di succo di frutta, in questo modo l’acqua sarà più gradevole e avrete comunque limitato l’assunzione di zuccheri;
– potete utilizzare delle cannucce simpatiche, divertenti (mi raccomando che siano riutilizzabili);
– in estate potete utilizzare dei “cubetti di ghiaccio riutilizzabili” per rinfrescare l’acqua; si possono trovare con forme diverse e molto colorati;
– siate di esempio voi genitori e familiari: bevete insieme a loro!
Spero di avervi lasciato qualche spunto interessante per rendere meno difficoltosa l’idratazione del vostro bimbo!
A presto
Odi et amo… per i legumi infondo è un po’ così.
Durante il colloquio con i pazienti, mi rendo conto che a molti piacciono, ma quando poi si scava più a fondo ciò che emerge è che il consumo non è così assiduo: lenticchie durante il periodo natalizio (rigorosamente insieme al cotechino), fagioli e ceci in qualche minestra e, perché no, un occasionale riso e piselli. Non abbastanza direi… Continuando a scavare, emerge quasi sempre che il motivo per cui non vengono consumati è da imputare a effetti intestinali, diciamo così, poco desiderati.
L’intento di questo è articolo è duplice: da un lato capire perché causano problemi intestinali e come cercare di arginare il problema, fornendovi qualche spunto per aumentare il loro consumo nell’arco della settimana.
Iniziamo subito con il dire che se non avete particolari patologie (es. colon irritabile) ma i legumi vi turbano l’intestino è perché non siete abituati a consumarli frequentemente. Inoltre, un errore molto comune quando si iniziano a modificare le abitudini alimentari è quello di partire a mille: si introducono molte fibre (frutta, verdura, cereali integrali, legumi…), ma a questo il nostro corpo non è abituato… povero, dobbiamo dare anche a lui il tempo di adeguarsi.
Quindi, iniziamo a vedere come comportarci per far sì che il nostro corpo non risenta troppo di un consumo più frequente di legumi.
CONSIGLIO N° 1: INIZIAMO A INSERIRLI GRADUALMENTE NELL’ALIMENTAZIONE
Se fino a oggi consumavamo legumi sì e no una volta a settimana, non possiamo pensare di introdurli un giorno sì e l’altro pure.
Quindi, ipotizziamo di volerli consumare almeno tre volte a settimana: ottima idea, ma con gradualità. La prima settimana iniziamo a consumarli una volta, la seconda settimana un paio di volte e così via…
CONSIGLIO N° 2: UNIAMOLI A FONTI PROTEICHE DIVERSE Ricordiamo che i legumi sono una fonte proteica vegetale (ma non scordiamoci che contengono anche carboidrati complessi, vitamine, sali minerali e fibre). Può essere utile inserirli nell’alimentazione mixando tra loro fonti proteiche diverse, in questo modo aumenteremo la frequenza settimanale e potremo anche scoprire nuovi abbinamenti… Lo so, starete tutti pensando allo spezzatino con i piselli, ma potreste provare anche fagioli e tonno (per esempio con delle polpette, qui un’idea) o uova e ceci o, perché no, delle salsine di legume (tipo hummus) con cui accompagnare carne e pesce.
CONSIGLIO N° 3: SE UTILIZZATE IL LEGUME SECCO, ESEGUITE UN AMMOLLO CORRETTO
I legumi secchi devono essere ammollati in acqua (utilizzando almeno il doppio del loro volume) e quest’acqua meglio cambiarla almeno un paio di volte durante il riposo. I tempi di ammollo variano in base al legume, ma generalmente trovate le indicazioni sulla confezione.
Un adeguato ammollo permette di eliminare buona parte degli anti-nutrienti presenti nei legumi. Anti-nutrienti? Termine strano… cosa significherà mai? Semplice, sono sostanze che possono ostacolare l’assorbimento di alcuni nutrienti. La presenza di queste sostanze non deve spaventare, ma dobbiamo solo cercare di ridurne al minimo la concentrazione!
CONSIGLIO N° 4: UTILIZZATE L’ALGA KOMBU, SIA PER LA FASE DI AMMOLLO CHE PER LA COTTURA
L’alga kombu è un alga con proprietà lenitive per la mucosa intestinale, che permette di “ammorbidire” le fibre degli alimenti con cui viene cotta: in questo caso renderà il legume più digeribile, diminuendo i disturbi intestinali. Inoltre è in grado di “legare” le famose sostanze anti-nutrienti.
Ne basterà un piccolo pezzettino!
CONSIGLIO N° 5: UTILIZZATE UNA PENTOLA IN TERRACOTTA PER LA COTTURA
Nelle nostre cucine non è sempre presente, ma sicuramente la potrete trovare dalle vostre nonne =).
La pentola in terracotta ha la capacità di scaldarsi molto lentamente e, ancor più lentamente, rilasciare il calore assorbito. Di conseguenza, i cibi mantengono più a lungo il calore. Inoltre i legumi tendono a indurirsi meno rispetto alla cottura in pentole di metallo.
CONSIGLIO N° 6 : ELIMINATE LA BUCCIA PER RENDERLI ANCOR PIÙ DIGERIBILI
Per eliminare la “buccia” dovete utilizzare un passaverdura, in questo modo rimarranno nella parte superiore e riuscirete a ottenere una crema omogenea, riducendo così il contenuto in fibra e anti-nutrienti (molto presenti nella buccia). Non utilizzate però un frullatore, l’effetto ottenuto non sarà lo stesso. Eliminare la buccia, ammettiamolo, è una scocciatura: in alternativa potete utilizzare inizialmente legumi decorticati, come per esempio le lenticchie rosse… oppure vedete il prossimo consiglio.
CONSIGLIO N° 7: UTILIZZATE I LORO DERIVATI (es. farine o pasta)
Negli ultimi anni sugli scaffali dei supermercati, anche più comuni, possiamo trovare la pasta di legumi. L’avete mai vista? È una pasta interamente fatta con la farina del legume… se ne trovano di tutti i tipi (piselli, fagioli, lenticchie, sia fresca che secca). Oppure un’altra alternativa sono le farine dei legumi, la più conosciuta forse è la farina di ceci, con cui potete davvero sbizzarrirvi (qui la ricetta per una farinata) dal salato al dolce, ma ne esistono di tutti i tipi!
In entrambi i casi, venendo utilizzata la farina, i legumi risultano molto più digeribili!
SE SIETE PIGRI…
Potete utilizzare la pentola a pressione per la cottura dei legumi (in questo modo dimezzerete i tempi di cottura).
SE SIETE MOLTO PIGRI…
Potete utilizzare i legumi già cotti e, quindi, i legumi in scatola, avendo l’accortezza di sciacquarli sotto acqua corrente prima del consumo e preferendo, se possibile, quelli conservati nel barattolo in vetro.
Spero di avervi fornito qualche spunto utile per superare la fobia da legume e iniziare a inserirli più frequentemente, ma con gradualità, nella vostra alimentazione!
Bentrovati… Spero abbiate passato bene questi giorni di festa. Per me così è stato, ed ora sono molto più carica per affrontare questo nuovo anno.
Prima di affrontare i più svariati temi in ambito di alimentazione, vorrei fare con voi una piccola riflessione…
Dicembre rappresenta un mese di bilanci, si tirano le somme dell’anno trascorso e ci si prepara al novo anno. Gennaio invece è il mese dei cosidetti “buoni propositi”, interminabili liste con obiettivi da raggiungere e mille idee per la testa.
Molto spesso però tutti questi buoni propositi hanno breve durata. Vi siete mai chiesti il perché?
Gli obiettivi che ci poniamo non sono realistici, o meglio, lo potrebbero essere, ma comunque sono “troppo” per noi, in quel preciso momento. Quindi la conseguenza è una sconfitta per non avere raggiunto l’obiettivo desiderato e ripercussioni sulla nostra autostima.
Tutto questo è spesso riscontrato nel campo alimentare: a gennaio sembra quasi d’obbligo iniziare una dieta, forse proprio perché è l’inizio di un nuovo anno o forse perché ci sentiamo in colpa per gli eccessi delle festività passate. In questo caso, quello che spesso succede, è che si iniziano diete troppo drastiche, fatte di eccessive privazioni, che difficilmente vengono portate a termine.
Come fare? Semplice, dobbiamo prefissarci sì dei buoni propositi, e degli obiettivi, ma facilmente realizzabili e concreti.
Cosa fare quindi concretamente?
Ricordiamoci di consumare 5 porzioni tra frutta e verdura al giorno,cercando di variare il più possibile e seguendo la stagionalità dei prodotti.
Cerchiamo di non fare mai mancare la verdura a pranzo e a cena.
Ricordiamoci che esiste quando avvertiamo un attacco di fame!
Suddividiamo l’alimentazione in 5 pasti: colazione, pranzo, cena e un paio di spuntini.
Questo ci permetterà di gestire al meglio eventuali attacchi di fame!
Dedichiamo inoltre il giusto tempo ad ognuno di essi.
Ricordiamoci di mantenere una buona idratazione:principalmente acqua, ma vista la stagione possiamo optare anche per bevande calde come tè, infusi e tisane (ah ovviamente senza zucchero😊!
Preferiamo cereali integrali (pasta integrale, riso integrale, pane integrale, farro, quinoa, grano saraceno…) e consumiamo legumi ( piselli, ceci, lenticchie, fagioli, fave, soia…), spesso poco presenti nell’alimentazione quotidiana.
Cerchiamo di mantenere uno stile di vita attivo: questo non significa iscriversi obbligatoriamente in palestra, ma cercare di muoversi il più possibile.
Armatevi di contapassi e iniziate a vedere quanto vi muovete in una giornata…obiettivo? 10.000 passi!
Evitiamo di consumare alimenti eccessivamente caloricie soprattutto poco sazianti, come per esempio sanck, brioche, patatine, cibi fast food. Preferiamo alimenti freschi e semplici!
Questi sono dei piccoli consigli, ma come detto precedentemente, sono facilmente attuabili e permettendo di far sì che perdurino nel tempo.
Un altro consiglio è quello di tenere un diario (anche delle note appuntate sul telefono possono andare bene!) in cui annotare ciò che è stato consumato nella giornata ed eventuali emozioni, stati d’animo…Questo non deve diventare un “obbligo”, ma dovete cercarlo di trasformarlo in un piacere, un appuntamento quotidiano che vi permetterà di valutare il vostro stile di vita e capire se state andando nella giusta direzione.
L’autunno è arrivato, e con lui è arrivata anche la protagonista indiscussa delle nostre tavole: la zucca!
Ne avevo già parlato l’anno scorso qui, proponendo alcune ricette. Era già stato sottolineato il fatto di come sia un alimento estremamente versatile, si presta bene sia per ricette salate che dolci. Esistono moltissime varietà di zucca, differenti per colore, forma, spessore della buccia e contenuto zuccherino della polpa. In realtà, non tutti sanno, che esistono anche delle varietà ornamentali dalle forme e dai colori più disparati.
Oggi però voglio approfondire con voi un paio di aspetti: le sue proprietà nutrizionali e qualche falso mito legato ad essa.
La zucca, essendo un vegetale è ricca in carotenoidi, vitamine (vitamina C, vitamina E e vitamine del gruppo B) e saliminerali (importante l’apporto di potassio, rame, manganese, ferro e bromo). Notevole anche l’apporto di fibra, che permette di regolarizzare il transito intestinale.
E per quanto riguarda le *calorie* ? La zucca lascia sempre tutti molto perplessi, un po’ come per l’anguria (ne avevo parlato qui), spesso la credenza è che sia calorica, forse per il suo sapore dolciastro…ma sfatiamo questo falso mito: 100 g di alimento apportano poco più di 20 kcal!
Un altro errore che spesso si commette è quello di considerare la zucca un carboidrato, visto il suo indice glicemico (IG) abbastanza elevato, pari a 75 (come quello delle patate). Se però ci limitiamo a valutare il solo indice glicemico commetteremmo un grave errore. L’indice glicemico è un parametro che classifica gli alimenti in base alla loro influenza sul livello di glucosio nel sangue (glicemia).
Tuttavia, è importante considerare anche la quantità di carboidrati che si assumono con un determinato alimento. A questo punto entra in gioco un altro concetto, quello di carico glicemico, che farà ribaltare le sorti della nostra zucca😊
Il carico glicemico valuta infatti l’effetto sulla glicemia di un alimento basandosi sulle quantità effettivamente consumate.
Prendete carta e penna e facciamo insieme due calcoli:
– 100 g di zucca contengono circa 6,5 g di carboidrati
L’indice glicemico, abbiamo detto essere pari a 75, e questo indipendentemente dalla quantità.
Il carico glicemico è dato dalla seguente formula
CG = (IG x g carboidrati) /100,
quindi per la zucca è pari a
(75×6,5)/100=4,8.
Valore molto basso se lo confrontiamo a 100 g di zucchero
– 100 g di zucchero contengono 100 g di carboidrati.
Essendo l’IG dello zucchero pari a 100, ne consegue che il CG sarà anch’esso pari a 100.
Questa breve parentesi di calcoli, anche un po’ noiosa, spero vi sia servita per farvi mangiare una bella vellutata di zucca senza inutili paranoie😊
Un altro aspetto molto interessante di questo ortaggio è che, un po’ come si dice per il maiale, della zucca non si butta via nulla! Infatti oltre alla polpa, e alla buccia, che è commestibile, non dobbiamo dimenticarci dei semi.
Questi rappresentano un concentrato di nutrienti, sono ricchi in vitamine e Sali minerali, ma hanno anche un notevole contenuto in termini di carboidrati, proteine e grassi. E’ doveroso sottolineare che 100 g di semi essicati e non salati forniscono circa 540 kcal (nettamente diverso dalla polpa)!
Come fare a preparali? Lavateli accuratamente e asciugateli. Sistemateli in una teglia da forno e cuoceteli a 150° per 50 minuti. Questi possono essere un ottimo spuntino spezza fame, oppure possono essere utilizzati nelle insalate, nel pesce, nella carne…il loro utilizzo è molto vario, proprio come la polpa!
Non mi resta che lasciarvi un’ultima ricetta fatta da una mia carissima amica (qui), forse una delle più classiche, ma anche una delle più squisite…la vellutata. Qui troverete una versione molto golosa, forse fin troppo…se siete a dieta, o comunque tenete alla vostra linea, vi consiglio di sostituire la crema di zola, con un formaggio più leggero, una ricotta si presta sempre bene!
Oggi volevo affrontare con voi un tema oggetto spesso di molte controversie: i famosi spuntini di metà mattina e metà pomeriggio. Nella maggior parte dei casi sentiamo dire che sono indispensabili, ma è davvero così?
Inizio subito col dirvi che non c’è una risposta netta sìo no, ma dobbiamo valutare, in base alle esigenze di ognuno di noi. Quello che mi piacerebbe quindi fare con questo articolo è fornirvi degli “strumenti” utili a capire se avete o meno la necessità di fare questi spuntini “spezza fame”.
Principalmente gli spuntini servono per placare quel “buco allo stomaco” che si crea tra i pasti principali, permettendo di non arrivare con eccessiva fame ad essi, ed evitare spiacevoli abbuffate.
Ovviamente piuttosto che “caricare” i pasti principali è meglio inserire degli inframezzi. Ma qua già vorrei invitarvi a una piccola riflessione: perché arriviamo con una fame da lupi a pranzo o cena? Magari perché i pasti precedenti non sono stati ben calibrati. I tre pasti principali devono essere completi, questo significa che deve esserci un’adeguata fonte di carboidrati, proteine, grassi e fibra; in questo modo, molto probabilmente, riusciremo ad evitare “attacchi di fame”. Vi rimando a un precedente articolo (qui) su come elaborare una colazione completa, più avanti parleremo anche di pranzo e cena, promesso.
Dobbiamo però anche considerare a che ora vengono consumati i pasti e quanto intercorre tra ognuno di essi. Se ad esempio siamo persone molto mattiniere, e di conseguenza la colazione la facciamo molto presto (es. ore 6:00) e il pranzo è piuttosto ritardato (es. ore 13:00), anche con una colazione ben strutturata, probabilmente sarà comunque necessario inserire uno spuntino. Stesso discorso se tra pranzo e cena passa molto tempo.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è lo stile di vita: che lavoro fate? Siete spesso in movimento? Fate attività sportiva? Anche in questo caso si possono verificare situazioni molto diverse: è ovvio che un’impiegata ha un dispendio energetico molto inferiore rispetto a un muratore, così come una persona sedentaria rispetto a un soggetto sportivo.
Discorso a parte per i bambini…per loro le merende sono indispensabili e ricordiamoci di scegliere alimenti di qualità!
Consideriamo anche l’obiettivo che ci poniamo… mi spiego meglio. Supponiamo vi siate rivolti a un professionista…Qual è il motivo? Per un dimagrimento, per aumentare di peso, per acquisire sane abitudini alimentari, oppure per una patologia? In questo caso sarà chi vi segue a decidere cosa sia meglio per voi. Se per esempio state seguendo un percorso di dimagrimento, in linea generale, sarebbe meglio evitare spuntini, così da non bloccare la lipolisi (ossidazione degli ac. grassi). In altri casi, viceversa, inserire una piccola merenda potrebbe essere di grande aiuto, per esempio se dobbiamo aumentare di peso, se soffriamo di qualche disturbo/patologia (come reflusso gastro-esofageo, gastrite, diabete…), oppure in caso di condizioni fisiologiche particolari (es. gravidanza e allattamento).
L’ultimo aspetto su cui voglio soffermarmi è sulla composizione di questi spuntini.
Alcuni esempi tipici di spuntino possono essere: frutta fresca, frutta secca, yogurt, cioccolato fondente, crackers integrali, parmigiano, ecc…
Ovviamente non c’è uno spuntino migliore di un altro, alcune volte può essere anche una combinazione di alcuni alimenti sopracitati…è tutta una questione di equilibrio: è fondamentale scegliere lo spuntino sulla base di quello che si consuma nel resto della giornata.
Solo un’ultima riflessione: spesso lo spuntino è associato alla frutta fresca…benissimo, può essere un’ottima scelta, salvo particolari situazioni. Ricordiamoci però che al giorno sono raccomandate 2/3 porzioni di frutta: quindi ipotizzando una porzione di frutta a colazione e due spuntini a base di frutta, abbiamo terminato le nostre porzioni a disposizione 🙂
Credo che nessuno possa sbagliare la risposta dato che ne avrete sentito parlare ovunque, ma nel caso qualcuno non ne fosse a conoscenza vi darò io la risposta. Ebbene sì, la colazione, il primo di tutti! Ci permette di iniziare la giornata nel modo migliore, ma solo se fatta nel modo corretto.
Ora immagino che starete tutti pensando alla vostra e molto probabilmente vi staranno sorgendo mille dubbi e domande. Non preoccupatevi, tra poco avranno risposta e imparerete come impostare una colazione nel migliore dei modi con alcune semplici regole.
Solo una piccola riflessione prima di entrare nel vivo dell’argomento. Vi riporto alcuni dati tratti da “OKkio alla salute” un Sistema di sorveglianza sul sovrappeso e l’obesità nei bambini.
Secondo l’ultima rilevazione del 2016 sulle abitudini alimentari in Italia l’8% dei bambini salta la prima colazione, mentre il 33% fa una colazione inadeguata e sbilanciata in termini di carboidrati e proteine, condizionando negativamente l’equilibrio calorico del resto dei pasti. Infatti il 54 % dei bambini assume a metà mattina alimenti a elevata densità energetica.
Questi dati riguardano i bambini, ma la situazione non migliora per gli adulti dove abbiamo circa un 14% che salta la colazione.
Ma perché è così importante la colazione? Semplice, basta pensare al momento stesso, rappresenta infatti il primo pasto dopo il lungo digiuno notturno. Permette di iniziare la giornata con energia e lucidità mentale. Diversi studi hanno mostrato una correlazione tra il consumo della colazione e una migliore efficienza nelle funzioni cerebrali (memorizzazione, attenzione, capacità di risoluzione di problemi matematici…), inoltre favorisce un miglior equilibrio nutrizionale generale, un miglior controllo glicemico (zuccheri nel sangue), una minor insorgenza di sovrappeso e obesità e un minor rischio cardiovascolare.
Insomma vi sfido a trovare un valido motivo per saltarla.
Adesso è arrivato il momento di svelarvi alcune semplici regole per costruire una colazione perfetta, così non avrete più scuse!
Non saltarla:sembra un’affermazione scontata, ma visti i dati precedentemente riportati e vista la mia esperienza professionale, vi assicuro che non lo è per nulla. Nel 2010 il ministero della salute promosse una campagna per la corretta nutrizione e lo slogan era “Se vuoi essere un campione…salta la corda, non la colazione! Molto semplice ma di impatto ed efficace.
Riservare la giusta quota di energia: in generale questa dovrebbe essere dal 15 al 25% del fabbisogno energetico della giornata. Nel caso in cui non vengano però consumati spuntini durante la giornata questa percentuale può arrivare fino al 30%.
Deve essere completa: deve comprendere tutti i nutrienti necessari per iniziare al meglio la giornata. Quali sono i nutrienti? Fonte di carboidrati e fibre, prima di tutto, ma anche lipidi, proteine e micronutrienti. La presenza di proteine e lipidi è fondamentale anche per regolare l’assorbimento di zuccheri,aumentando il senso e la durata della sazietà.
Vi riporto alcuni esempi per ognuno dei quattro macronutrienti così potrete farvi un’idea e verificare (o costruire) la vostra colazione. Ovviamente non troverete riferimenti sulle quantità perché queste variano in base ai propri fabbisogni. Carboidrati complessi: pane integrale o multicereale, fiocchi di avena (o farro o riso o grano saraceno), fette biscottate integrali Carboidrati semplici: frutta fresca, frutta disidratata, confetture di sola frutta, miele, spremuta Proteine:yogurt, ricotta, salmone, uova, prosciutto crudo DOP Lipidi: frutta secca, olio evo, burro di alta qualità, avocado, cioccolato fondente, crema 100% di frutta secca, cocco in scaglie, olio di cocco, ghee
Qui vi avevo parlato di una colazione completa, andate a dare un’occhiata!
Caffè, tè o tisane?Perché no, sono sempre benvenuti, purchè senza zucchero. Ora, non è che dall’oggi al domani dovete eliminare lo zucchero, ma se iniziate a diminuire gradualmente la dose, nel giro di poco tempo riuscirete ad eliminarlo completamente senza grossi traumi… è solo questione di abitudine!
Variare sempre: questo è uno dei punti, insieme al primo, più difficile da mettere in pratica. Mi rendo conto che nella maggior parte dei casi siamo molto “abitudinari”, specialmente quando si parla di colazione! Quello che consiglio è di provare a cambiare nel week end, dove magari abbiamo più tempo a disposizione, e quindi possiamo sperimentare nuovi abbinamenti e nuove ricette.
Deve rispettare i gusti personali: la colazione deve essere prima di tutto un piacere, quindi scegliamo alimenti graditi, non dobbiamo sforzarci di mangiare qualcosa che non ci piace. Questo vale soprattutto per i bambini e qui mi riallaccio al punto precedente. Portare in tavola sempre gli stessi alimenti può diminuire il piacere della colazione: se sono appassionati di merendine e creme spalmabili, ogni tanto, si può accontentarli, l’importante è scegliere prodotti di qualità e invitarli ad alternare con altro.
Dedicare il giusto tempo:dobbiamo gustare la colazione, assaporare il cibo scelto, sorseggiare le bevande in tranquillità. Questo ci permetterà di iniziare al meglio la giornata.
Condividere il momento con tutta la famiglia: magari non sempre è possibile, ma quando abbiamo tempo, come per esempio nel week end, facciamo colazione tutti insieme, apparecchiamo una bella tavola e utilizziamo questo momento per passare del tempo insieme.
Dolce o salato?Noi italiani, probabilmente per la nostra cultura, siamo più orientati sul dolce, ma anche la colazione salata vi assicuro che da sempre grandi soddisfazioni, bisogna solo sperimentare e trovare quella più adatta ai nostri gusti!
Ora non vi resta che mettere in pratica tutti questi preziosi consigli, scuse come “non ho tempo”, “sono di fretta” o “la mattina ho lo stomaco chiuso” non sono più valide!
Oggi vorrei raccontarvi un po’ riguardo a un alimento che tutti avrete sicuramente adocchiato nei supermercati, ma certa che molti di voi non lo avranno mai comprato. Il TOPINAMBUR, anche conosciuto come “CARCIOFO DI GERUSALEMME”, o GIRASOLE DEL CANADA (nome scientifico Helianthus tuberosus).
Ho deciso di parlarvene perché, nonostante lo conosca molto bene dal punto di vista teorico, solo ora lo sto rivalutando e scoprendo dal punto di vista “pratico” (la mia vicina me ne ha regalato un po’ e quindi mi sono messa all’opera per far fruttare questo regalo!). Devo dire che ne sono rimasta piacevolmente colpita, sia per il suo sapore che per la sua versatilità in cucina.
Vorrei riuscire a convincere anche voi, così, quando lo vedrete al supermercato, non lo guarderete più con aria sospetta.
Esistono due varietà di topinambur, la prima chiamata bianca precoce che è disponibile da fine agosto, e la seconda bordeaux (molto più diffusa), tipica dei mesi invernali, da ottobre a marzo. E’ una pianta molto facile da coltivare, che garantisce ottime rese, in grado di sopravvivere anche a basse temperature ( la pianta in realtà muore, ma il tubero non viene danneggiato, e questo permette alla pianta di tornare a crescere durante la successiva stagione calda), e non necessita di particolari terreni.
Il topinambur appartiene alla famiglie delle Asteracee, ed è uno stretto parente del girasole. Vi metto la foto della pianta, vale la pena vedere il bellissimo fiore di colore giallo (noterete subito la forte somiglianza con il girasole). Ecco, la stessa cosa non si può dire del tubero (e quindi della parte commestibile), ha un aspetto piuttosto irregolare e nodoso, ricordando molto curcuma e zenzero, con la polpa bianca e una scorza sottile che può variare il suo colore, da marrone, a bianco, fino ad arrivare a un rosso/viola. Non sarà bello da vedere, ma vi assicuro che sarà buono da mangiare.
Spesso descrivere il sapore di un alimento non è facile, ma questa volta è talmente particolare che non ci sono dubbi: è un sapore a metà fra la patata e il carciofo.
Ma passiamo ora alla parte nutrizionale…
Cento grammi di topinambur crudo forniscono circa 73 kcal (un po’ come le patate, le quali ne forniscono circa 77, ma vedremo poi una sostanziale differenza tra i due). Il contenuto di grassi è pressoché nullo, le proteine sono solo 2 grammi, mentre il contenuto in carboidrati si aggira intorno ai 18 grammi: di questi, 9 grammi circa sono zuccheri. L’apporto in fibra è circa 1,6 grammi. Tra le vitamine spiccano quelle del gruppo B in particolare vitamina B1 e Niacina (vitamina B3) e vitamina C. Tra i minerali rilevante l’apporto di potassio, fosforo, magnesio, calcio e ferro.
Ma la vera sostanza, protagonista di questo alimento, si chiama INULINA. Ne avete mai sentito parlare? E’ un polimero di fruttosio, cioè molecole di fruttosio unite tra loro a formare una lunga catena. L’inulina è quindi molto simile all’amido, ma c’è una sostanziale differenza: essa non viene digerita dagli enzimi prodotti dal nostro organismo. Solo i batteri presenti nel nostro colon riescono ad utilizzarla come substrato per i processi fermentativi. Dato che questa sostanza è in grado di agire sul microbiota intestinale (ossia l’insieme di microorganismi simbiontici che convivono con l’organismo umano senza danneggiarlo), modulandone crescita e sviluppo, viene definita prebiotico.
L’azione prebiotica è sicuramente una delle azioni più significative di questo alimento, ma non è l’unica.
Grazie alla presenza di inulina e quindi di fibra solubile, e all’elevato contenuto di acqua, può avere “effetto lassativo”, motivo per cui è consigliato a chi soffre di stitichezza: contribuisce alla regolarità intestinale, ne stimola la motilità e aumenta il volume delle feci .
Il topinambur favorisce la digestione, stimolando la secrezione della bile e di succhi gastrici.
E’ un alleato del cuore: essendo molto ricco in potassio riduce la pressione sanguigna e regola la frequenza cardiaca.
A differenza delle patate, il topinambur è consentito ai soggetti con problemi di iperglicemia e ipercolesterolemia: esso infatti aiuta a ridurre l’assorbimento intestinale di zuccheri (controllando i picchi di glicemia dopo il pasto) e grassi.
Per le neo mamme: via libera al consumo di topinambur, aumenta la produzione di latte!
Come sempre però ci possono essere degli aspetti negativi, quali?
In caso di consumo abbondante,o in caso di soggetti sensibili (es. chi ha avuto problemi con alimenti ad elevato contenuto in FODMAP) l’elevato contenuto in inulina tipico del topinambur, può causare fastidiosi effetti collaterali a livello intestinale. L’inulina, essendo osmoticamente attiva può richiamare liquidi nel lume intestinale causando gonfiore e/o eccessiva produzione di gas, dovuta ai processi fermentativi da parte del microbiota intestinale, con produzione di quantità eccessive di idrogeno e metano e feci non formate.
Per i soggetti sensibili il consiglio è di iniziare testando piccole quantità, così da valutarne gli effetti. Se non riscontrate problemi potete aumentare la dose, se invece insorgono disturbi precedentemente descritti, rinunciate l topinambur, e continuate alla scoperta di nuovi alimenti 🙂
Ed ora il topinambur in cucina…
Prima di capire come consumarlo e cucinarlo, vi darò un paio di informazioni su come conservarlo.
Potete conservarlo in frigorifero, in un sacchetto di carta, per circa 15 giorni, oppure possiamo anche riporlo in un luogo fresco, buio e asciutto. Una piccola curiosità: se coperto dalla sabbia, può durare anche due mesi. In ogni caso è buona norma non conservarlo a lungo, né congelarlo poiché si ossida molto facilmente.
Come abbiamo detto all’inizio, è un alimento molto versatile: si presta a molte preparazioni, soprattutto agli stessi usi del carciofo. La parte che forse è un po’ più complessa e difficoltosa riguarda la pulizia, essendo un tubero, ha sulla superficie molti residui del terreno. La buccia può essere consumata, possiamo quindi lavarlo sotto acqua corrente e aiutarci con una spazzola per grattare via i residui. Oppure possiamo sbucciarlo, operazione non proprio facile, vista la forma nodosa del tubero ( gli scarti in questo caso sono molti!).
Iniziamo col dire che può essere consumato crudo: basta tagliarlo a fette molto sottili e saranno perfetti per un pinzimonio oppure fatti marinare in olio, sale, pepe e limone.
Se, invece, volete consumarlo cotto, potete bollirlo o cuocerlo al vapore, il tempo per la cottura in questo caso è di 10-15 minuti. Questo potete poi condirlo con olio, sale e pepe.
Non solo bollito o al vapore (ideale se siete a dieta), potete anche cuocerlo al forno, oppure in padella o perché no, anche fritto (ogni tanto si può, purché la frittura sia fatta bene!).
Attenzione però ai tempi di cottura: in forno massimo 45 minuti e in padella circa 6/7 minuti. Se il topinambur viene cotto troppo a lungo, l’inulina viene convertita in fruttosio, formando una poltiglia gelatinosa ed insapore.
Come inizio vi propongo una ricetta molto semplice, topinambur al forno, non ne rimarrete delusi.
L’anguria è sicuramente il frutto preferito da molti durante l’estate!
E’ spesso protagonista delle nostre tavole, ci conquista grazie alle sue peculiari caratteristiche: fresca, dolce, dissetante e ipocalorica.
E’ un frutto senza sensi di colpa, ha infatti poche calorie, circa 30 kcal/100 g, è ricca in acqua, e di conseguenza in Sali minerali. Rilevante il contenuto in potassio, 112 mg/100 g, che la rende molto adatta in alcuni momenti, come per esempio dopo un allenamento, così reintegrare acqua e Sali minerali persi. Altri minerali presenti, anche se non in quantità così elevate sono calcio, magnesio, rame e manganese. Leggermente più scarsa per quanto riguarda il contenuto vitaminico: di interesse troviamo infatti solo un discreta presenza in vitamina A e C.
Su questo frutto si fa spesso però molta confusione: alcuni, data la sua dolcezza, pensano sia ricca di zuccheri e ne stanno alla larga, altri invece pensano sia fatta di sola acqua e quindi la fanno diventare la loro alleata nelle giornate più calde, magari anche improvvisando una dieta a base di sola anguria (pensando di fare una scelta corretta e salutista, ma ne sono così sicuri?!), altri ancora hanno invece una vera “dipendenza” da questo frutto e non riescono proprio a farne a meno. *** Ma allora…E’ un concentrato di zuccheri o di sola acqua? Dove sta la verità? ***
La verità possiamo dire che sta nel mezzo e adesso cercherò di spiegarvi brevemente il perché.
Se consideriamo 100 g di anguria, più di 91 g sono di acqua, quindi una buona quantità. La restante parte sono invece zuccheri (principalmente fruttosio), circa 6 g e una piccolissima quantità, davvero irrilevante, di proteine vegetali (0,6 g) e grassi (0,2g). Ma 6 g di zuccheri cosa significa? Sono tanti o sono pochi?
Vi faccio un paragone, sperando di aiutarvi a capire: 100 g di mela contengono circa 10 g di zucchero, 100 g di banana ne contengono circa 15. Osservando questi numeri balza subito all’occhio come l’anguria ne contenga decisamente meno e quindi, a conti fatti, non è così zuccherina come alcuni credono. Ma – eh già, purtroppo c’è sempre un ma- i valori che vi ho indicato sono riferiti a 100 g di anguria. Avete presente a quanto corrispondono? Mi spiace darvi una brutta notizia, ma sono davvero pochi, una misera fettina. E’ facile infatti, senza nemmeno rendersene conto, arrivare a 400-500 g di frutto, e questo in cosa si traduce? Ebbene sì, in circa 16-20 g di zuccheri, decisamente una quantità non irrilevante.
Nelle foto potete osservare a quanto corrispondono 200 g di anguria, così da avere un’idea visiva!!
Spero di essere stata chiara con tutti questi numeri e credo che ormai il messaggio finale sia chiaro: l’anguria è un ottimo frutto, ma come sempre, è importante considerare la quantità. Mi torna alla mente una famoso detto…E’ la dose che fa il veleno! Ora, il paragone può essere un po’ forte, ma comunque azzeccato! Nelle giuste quantità è un alimento benefico, ma un suo eccesso è da evitare! Altra nota dolente riguarda il contenuto in fibra, molto molto scarso (0,4 g/100g) il che rende l’assorbimento degli zuccheri ancora più rapido.
Qualcuno potrebbe a questo punto domandarsi “E’ un frutto adatto a chi ha problemi di glicemia, ad esempio a soggetti diabetici?” Anche in questo caso, anzi soprattutto in questo caso, bisogna prestare attenzione alle quantità. Se ci limitiamo alla porzione di riferimento, quindi 150-200 g, può essere una valida alternativa, meglio se abbinato ad alimenti con un buon contenuto in fibra e poveri di zuccheri. Ma attenzione a non eccedere!
Non è mia intenzione allarmarvi, basta solo avere coscienza e consapevolezza quando consumiamo un alimento. Quindi dobbiamo dire no a diete drastiche fatte solo di anguria, ma possiamo dire sì ad un consumo di anguria fatto con buon senso.
Generalmente si tende a mangiarla al naturale,come spuntino o nella colazione, e vi capisco: una bella fetta di anguria rinfresca corpo e mente, ma vi assicuro che può essere un alimento anche molto versatile: oltre alle classiche macedonie, sorbetti e gelati, provate ad abbinarla nelle insalate (per esempio insieme a pomodoro e feta), oppure ad accostarla a piatti di pesce (come per esempio i calamari). Non ne rimarrete delusi, provare per credere.
Un unico accorgimento!!! Consiglio di evitarla a fine pasto e alla sera, soprattutto per chi ha problemi con la sua digestione: l’elevato contenuto idrico può causare gonfiore e ritardare i tempi di svuotamento gastrico.
Chi di noi non ama la frutta secca? Ma spesso ci stiamo alla larga perché pensiamo siano solo un nemico della bilancia. E’ giunto il momento di sfatare qualche falso mito.
Con il termine frutta secca s’intende sia varietà di frutti che hanno subìto un processo di essiccazione (fichi, prugne, datteri, albicocche, uva passa etc.), sia la frutta con guscio (noci, mandorle, nocciole, pinoli, etc.). La frutta sottoposta al processo di essicazione, perde l’acqua (di cui la frutta è solitamente in buona parte composta), costituendo pertanto un vero e proprio concentrato di vitamine (vit. A, B1, C, E), e minerali (calcio, fosforo, magnesio, potassio, ferro e manganese), oltre a contenere calorie e zuccheri. E’ inoltre ricca di fibra e di antiossidanti, che combattono i radicali liberi.
Mentre la frutta essicata è da consumare con accurata moderazione per l’apporto calorico considerevole e per l’elevata concentrazione in zuccheri semplici, la frutta con guscio dovrebbe entrare a far parte di quel gruppo di alimenti da consumare quotidianamente, purché nelle giuste quantità (anche’essa infatti ha un apporto calorico notevole!). La frutta secca con guscio è ricca di nutrienti molto importanti e benefici per il nostro organismo. In primis, grassi insaturi ma anche proteine di alta qualità, fibre, vitamine (folati, niacina, vitamina E), minerali (potassio, calcio, magnesio) e fitocomposti (carotenoidi, flavonoidi, fitosteroli). Diversi studi hanno dimostrato come il suo consumo sia correlato a proprietà cardioprotettive, anticancerogene, antinfiammatorie e antiossidanti, riducendo così il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, sindrome metabolica, ipertensione e cancro al colon. Attenzione: evitate di consumare frutta secca tostata e/o salata, poiché in seguito alle alte temperature del processo di tostatura, si possono alterare i grassi polinsaturi presenti nella frutta secca e quindi perdere le proprietà benefiche; la salatura invece causa ritenzione idrica e ipertensione. Inoltre meglio consumare nocciole, noci e mandorle non pelate perché la pelle contiene antiossidanti. Possiamo mangiarla quotidianamente senza però superare i 20-30 grammi giornalieri e mantenendo uno stile di vita attivo per consumare le calorie assunte.
Durante il periodo natalizio, spesso, non ci si limita ai 30 gr al giorno concessi, ma si eccede, soprattutto a fine pasto. Il consiglio è imparare a consumarla a colazione e negli spuntini, magari insieme a yogurt o frutta fresca, oppure nelle insalate, con le quali l’abbinamento è perfetto.
Come per tutti gli alimenti, nonostante i benefici, possiamo trovarci in alcune situazioni in cui il suo consumo potrebbe non essere benefico, e quindi in questi casi è necessario consultare il proprio medico. Per esempio, in caso di diabete, patologie renali e sovrappeso, è importante fare attenzione al consumo per l’elevato apporto di zuccheri e sali minerali; in presenza di malattie infiammatorie croniche intestinali, diarrea, o gastrite è invece sconsigliata per l’elevato apporto di fibre.
Quando arriva la primavera finalmente anche la nostra tavola si arricchisce di sapori e colori, provenienti principalmente da frutta e verdura: se ne raccomanda il consumo di almeno 600 gr al giorno (le famose 5 porzioni). Un’alimentazione basata su cibi di origine vegetale contribuisce a prevenire molte patologie tra cui malattie cardiovascolari, metaboliche, neurodegenerative, infiammatorie e alcune forme tumorali.
Frutta e verdura contengono, seppur in diverse quantità e proporzioni, acqua, sali minerali, vitamine, fibra e fitocomposti. La frutta si distingue per una componente aggiuntiva, lo zucchero.
Utilizzando la regola dei “colori” possiamo garantire l’apporto di tutte queste sostanze e in particolar modo dei fitocomposti.
I vegetali possono essere suddivisi in 5 gruppi, in base alle varietà cromatiche: bianco, giallo-arancio, rosso, blu-viola e verde.
Consumare vegetali di colori diversi permette di assumere sostanze nutritive differenti.
Non è obbligatorio consumare cibi di tutti i colori durante la giornata, ma più riusciamo a variare il colore di frutta e verdura, maggiori saranno i benefici. Portare in tavola piatti ricchi di colore è una delizia in primis per la vista, ma anche per il buon umore!
BIANCO
Tra i composti ad azione protettiva di questo gruppo, ci sono potassio, fibra e antiossidanti (flavonoidi e indoli). Il potassio contribuisce al funzionamento del sistema nervoso e del sistema muscolare, nonché al mantenimento di una normale pressione sanguigna.
Cavolfiori, aglio e cipolla sono ricchi di antoxantine, sostanze responsabili del colore bianco, che giocano un ruolo attivo nella prevenzione di alcuni tumori. Aglio e cipolle sono inoltre ricchi diallicina, sostanza in grado di mantenere bassi i livelli di colesterolo, proteggendo il nostro organismo dalle patologie coronariche.
Frutta e verdura di colore rosso sono ricche di licopene.
Il licopene, antiossidante, antitumorale e antinvecchiamento, è presente in quantità elevate soprattutto nei pomodori.
La cottura del pomodoro con olio di oliva rende questo composto più facilmente assorbibile da parte dell’organismo. Fragole, anguria e ciliegie, ma anche
pomodori e peperoni, purché consumati crudi,
forniscono un buon apporto di vitamina C.
Questa vitamina contribuisce al mantenimento della normale funzione del sistema immunitario, alla normale formazione del collagene e al corretto funzionamento di ossa, cartilagini, gengive, pelle e denti.
La vitamina C favorisce anche l’assorbimento del ferro presente negli altri alimenti.
Questa colorazione è dovuta alle elevate quantità di betacarotene, una sostanza appartenente alla famiglia dei carotenoidi, che serve all’organismo per sintetizzare la vitamina A.
La vitamina A è coinvolta nel meccanismo della visione, nei processi di crescita cellulare e differenziazione, nella risposta immunitaria e nel metabolismo del ferro (ne aumenta la disponibilità). Il betacarotene è un composto liposolubile, ovvero si scioglie bene a contatto con le sostanze grasse.
Questo significa che per ottenere i suoi benefici, dobbiamo abbinare il betacarotene ad un grasso.
Come fare? Per la verdura basta per esempio aggiungere una piccola quantità di olio extravergine d’oliva, mentre per la frutta possiamo abbinarla a frutta secca o semi oleosi!
Ci sono due sostanze presenti nella gran parte degli ortaggi verdi, in particolare quelli a foglia:glucosinolati e folati.
I glucosinolati, composti chimici contenenti zolfo, sono tipici delle orticole della famiglia delleBrassicacee (broccoli, cavoli, cavolfiori) e conferiscono il caratteristico odore di cavolo. Numerosi studi hanno attribuito ai glucosinolati della dieta un effetto protettivo contro l’insorgenza di tumori e di malattie neurodegenerative.
I folati, invece, oltre ad essere utili durante i primi mesi della gravidanza per prevenire malformazioni fetali, contribuiscono alla riduzione della stanchezza e dell’affaticamento, alla normale funzione del sistema immunitario e mantengono basso il rischio di malattie cardiovascolari.
I folati sono idrosolubili e nei processi di cottura si possono verificare perdite fino al 95%.
Inoltre verdure fresche conservate a temperatura ambiente, possono perdere fino al 70% del loro contenuto nutritivo in tre giorni.
I vegetali di colore verde hanno un alto contenuto in potassio, magnesio, vitamina C, clorofilla e carotenoidi.
BLU/VIOLA
Questo gruppo di alimenti contiene un fitocomposto con potente azione antiossidante: le antocianine.
La loro principale azione è neutralizzare i radicali liberi e le molecole ossidanti prodotte dal metabolismo cellulare, esercitando quindi una serie di effetti benefici e protettivi sulla salute di cellule, tessuti e dell’intero organismo.
Conferiscono una protezione cardiovascolare, azione anti infiammatoria, antitumorale e antinvecchiamento.
Il consumo di frutti di bosco è consigliato per curare la fragilità dei capillari e per prevenire le infezioni del tratto urinario.
Questo gruppo di alimenti è ricco anche di carotenoidi.
L’alimentazione intesa come fattore di prevenzione per le malattie croniche è ormai una realtà consolidata.
Tra le malattie croniche più comuni, di cui si può ridurre il rischio, grazie a un’alimentazione corretta ritroviamo: malattie cardiovascolari (che rappresentano la principale causa di malattia e di morte in gran parte del mondo), malattie metaboliche (come il diabete e l’obesità) e tumori. I fattori coinvolti nell’insorgenza delle malattie croniche sono di diverso tipo: fattori genetici, quindi non modificabili, ma spesso influenzati dalle condizioni ambientali, fattori ambientali e comportamentali (o stili di vita), dove è possibile intervenire attraverso iniziative di prevenzione primaria o campagne di promozione della salute.
Di seguito troverete le 10 raccomandazioni, stilate dal WCRF, il fondo mondiale per la ricerca sul cancro, per cercare appunto di prevenire la comparsa di tumori e di malattie croniche.
1. Mantenersi snelli per tutta la vita
Questo significa che dobbiamo cercare di mantenere un peso il più vicino a possibile al nostro pesoforma, così da non aumentare il rischio di andare incontro a diabete, cardiopatie, ipertensione, aritmie e tumori.
Un metodo molto semplice ed efficace per valutare se il proprio peso è in un intervallo accettabile è calcolare l’indice di massa corporea (BMI). Il BMI si calcola tramite la seguente formula:
Ad esempio una persona che pesa 70 kg ed è alta 1,74 ha un BMI = 70/ (1,74 x 1,74) = 23,1. Se ci troviamo in una situazione di normopeso, il nostro BMI sarà compreso tra 18,5 e 24,9.
Un altro metodo che permette di valutare la quantità di grasso corporeo e l’eventuale rischio per la nostra salute è la misurazione del girovita. Con un valore di girovita superiore a 80 cm per le donne, e superiore a 94 cm per gli uomini si ha un rischio moderato.
2. Mantenersi fisicamente attivi
Per mantenersi fisicamente attivi non serve correre una marotona!! E’ sufficiente un impegno fisico pari a una camminata veloce per almeno mezz’ora al giorno.
Possiamo iniziare a favorire il movimento modificando azioni comuni di tutti i giorni, come ad esempio fare le scale invece di utilizzare l’ascensore, cercando così di ridurre le attività sedentarie (ad esempio guardare la televisione o utilizzare la macchina per spostamenti brevi).
3. Limitare il consumo di alimenti ad alta densità calorica ed evitare il consumo di bevande zuccherate
Per alimenti ad alta densità calorica si intendono cibi con un elevato contenuto in grassi e zuccheri, ma con basso contenuto d’acqua, in grado di apportare molta energia in poco volume.
Sono generalmente ad alta densità calorica i cibi industrialmente raffinati, precotti e preconfezionati (cibi comunemente serviti nei fast food).
Per bevande zuccherate si intendono appunto tutte quelle bevande che contengono zuccheri aggiunti (coca cola, aranciate, tè, succhi di frutta, bevande energetiche, etc.). Queste hanno la caratteristica di apportare molte calorie, senza aumentare il senso di sazietà.
E’ importante prestare attenzione alla differenza fra “limitare” ed “evitare”: questo significa che occasionalmente possiamo mangiare un cibo grasso o zuccherato, ma mai quotidianamente, mentre l’uso di bevande zuccherate è invece da evitare.
4. Basare la propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale
Basare la propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non industrialmente raffinati e legumi in ogni pasto e un’ampia varietà di verdure non amidacee e di frutta.
Giornalmente sono raccomandate almeno cinque porzioni di frutta e verdura (per circa 600 g), cercando di variare il più possibile e scegliendo in base alla stagionalità.
Prediligere il consumo di cereali e farine integrali, ottima fonte di carboidrati complessi e fibre.
Anche il consumo di legumi dovrebbe essere incrementato, riducendo invece il consumo di proteine di origine animali (soprattutto carne e formaggi).
Molte ricerche dimostrano che chi segue una dieta ricca di vegetali, povera di grassi animali ha un’incidenza minore di alcuni tipi di tumore.
N.B. fra le verdure non devono essere contate le patate!
5. Limitare il consumo di carni rosse ed evitare il consumo di carni conservate
Le carni rosse comprendono le carni ovine, suine e bovine, compreso il vitello. Non sono raccomandate, ma per chi è solito consumarle si raccomanda di non superare i 500 grammi alla settimana.
Le carni conservate comprendono ogni forma di carne in scatola, salumi, prosciutti e wurstel.
Anche in questo caso è importante considerare la differenza tra “limitare” per le carni rosse ed “evitare” per le carni conservate, poiché per queste ultime non si può dire che vi sia un limite al di sotto del quale probabilmente non vi sia rischio.
6. Limitare il consumo di bevande alcoliche.
Le bevande alcoliche non sono raccomandate, ma per chi ne consuma si raccomanda di limitarsi ad una quantità pari ad un bicchiere di vino (da 120 ml) al giorno per le donne e due per gli uomini solamente durante i pasti.
La quantità di alcol contenuta in un bicchiere di vino è circa pari a quella contenuta in una lattina di birra e in un bicchierino di un distillato o liquore.
Evitare invece i superalcolici.
7. Limitare il consumo di sale e di cibi conservati sotto sale. Evitare cibi contaminati da muffe
Il consumo giornaliero di sale è in media tra gli 8-10 g al giorno a persona, quantità troppo elevata, che rischia di essere causa di diverse patologie (ipertensione, malattie cardiovascolari e alcune forme tumorali).
Per limitare il consumo di sale è consigliato ridurre l’assunzione di prodotti alimentari già pronti, di insaccati, di salse pronte, e diminuire la quantità di sale nelle pietanze che prepariamo. In alternativa ad esso possono essere usati aromi e spezie per insaporire le pietanze.
I cibi contaminati da muffe sono per la maggior parte cereali e legumi. E’ bene assicurarsi quindi del buon stato di conservazione di cereali e legumi che si acquistano, e conservarli in ambienti freschi e asciutti.
8. Assicurarsi un apporto sufficiente di tutti i nutrienti essenziali attraverso il cibo
Con l’alimentazione assumiamo gli alimenti essenziali (acqua, aminoacidi, vitamine, minerali e acidi grassi), ossia quei nutrienti che il nostro organismo non è in grado di produrre, fondamentali per la nostra sopravvivenza.
Per essere certi di assumere tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno, dobbiamo variare il più possibile la nostra alimentazione.
L’assunzione di supplementi alimentari (vitamine o minerali) per la prevenzione del cancro è invece sconsigliata.
9. Allattare i bambini al seno per almeno sei mesi
Allattare al seno, oltre a essere un beneficio per il bambino, lo è anche per la madre, infatti si è osservata una protezione nei confronti di tumore al seno e all’ovaio.
Si consiglia di allattare al seno per almeno sei mesi, e se possibile proseguire per altri sei mesi di alimentazione complementare.
10. Nei limiti dei pochi studi disponibili sulla prevenzione delle recidive, le raccomandazioni per la prevenzione alimentare del cancro valgono anche per chi si è già ammalato